Vent'anni dopo Leonardo, un pittore cremonese ritrasse di nuovo Cecilia Gallerani
di Pierluigi Panza
La figlia di un membro del consiglio segreto di Ludovico il Moro, Bianca di Pietro Gallerani, il 26 giugno del 1489 fu data in sposa al maggiordomo di Alfonso D'Aragona. Per questo combino, Ferrante re di Napoli (zio di Alfonso) ricompensò il Moro con l'ordine di San Michele o dell'ermellino. Un bel premio; ma il Moro volle di più. Si prese come amante la cugina di Bianca, la quindicenne Cecilia Gallerani (1473 ca - 1530), mentre era già sua promessa sposa una delle figlie del duca d'Este, Isabella o Beatrice. E l'amante minorenne, che Ludovico portava sempre con sé (era un love-addicted dell'epoca), stregò a tal punto il condottiero-predatore che questi chiese al suo artista di corte di farne un ritratto. Così Leonardo Da Vinci dipinse Cecilia Gallerani a Milano tra il 1488 e il 1490.
Il ritratto (La dama con l'ermellino) apparve subito di bella fattura e di complicati rimandi allegorici. Cecilia veste alla spagnola, porta perle nere al collo e stringe tra le mani quell'ermellino (o faina), animale che in greco si chiama «galé» e rimanda sia al cognome della fanciulla sia all'ordine dell'ermellino ricevuto dal Moro grazie alle belle della famiglia Gallerani. Ragazza di ottima cultura (parlava latino e fece del canto e della poesia i suoi interessi) la Gallerani ebbe un figlio da Ludovico, di nome Cesare. Alla cui nascita, avvenuta dopo il matrimonio del Moro con Beatrice d'Este, fu allontanata dalla corte. Ricevendo in dono dal Moro il titolo di contessa di Saronno e il palazzo di via Broletto a Milano.
Il 27 luglio del 1492, Cecilia sposò il conte Ludovico Carminati detto il Bergamino. E con lui si trasferì a Villa Medici del Vascello in San Giovanni in Croce (Cremona), trasformando il castello del marito in un cenacolo letterario. Qui restò tutta la vita e probabilmente fu sepolta - di circa 60 anni - nella cappella della famiglia Carminati presso la chiesa di San Zavedro (dove furono tumulati con certezza i suoi due figli avuti dal Bergamino). E sempre da San Giovanni in Croce, intorno al 1498, Cecilia intratteneva corrispondenza con Isabella D'Este che le chiedeva, ancora a distanza d'anni, di poter vedere quel suo ritratto eseguito da Leonardo (forse il disegno). Cecilia le rispondeva che «sì, volentieri glielo poteva mostrare...» ma che lei, da allora, era tanto cambiata. Invecchiata? E come?
C'è una traccia per rispondere. Perché in quegli anni un pittore cremonese, non estraneo a influenze peruginesche, forse la raffigurò quarantenne - quindi vent'anni dopo Leonardo - in un ritratto molto caratterizzato e in grado di rievocare la giovanile bellezza. Così ritiene William Ottolini, già professore di Educazione Artistica e storico locale di San Giovanni in Croce, a partire dall'analisi dei rilievi fisiognomici, di qualche riscontro documentario e dalla cronologia (ovviamente ad altri esperti resta la verifica di questa ipotesi).
Cecilia Gallerani apparirebbe infatti ritratta da questo pittore come la devota committente di una pala, parte di un polittico, oggi esposta sull'altare della parrocchiale di San Giovanni in Croce. La parrocchiale è del 1940 e, con certezza documentaria, la pala ove sarebbe ritratta la Gallerani si trovava precedentemente nella chiesa di San Zavedro, sempre a San Giovanni in Croce, successivamente abbandonata. Più esattamente si trovava nella cappella di famiglia dei Carminati-Brambilla entro la chiesa, e copriva un affresco di analogo soggetto (ora strappato), ovvero una Madonna della misericordia. È molto probabile che l'affresco, e anche la pala, abbiano avuto come committenti gli unici nobili del paese, ovvero Cecilia e Ludovico Carminati. Da ciò prende forza l'ipotesi presentata.
La pala raffigura una Madonna della misericordia con manto rosso smalto e un mantello verde-blu. Al di sotto del mantello si vedono, a destra delle pie donne, la prima delle quali potrebbe essere Cecilia quarantenne e, a sinistra, alcuni monaci del Consorzio di Santa Maria, diffuso a Cremona a quel tempo. Il polittico è anche composto da apostoli, da una crocefissione e dai santi Imerio e Domobono, protettori di Cremona. Il volto della donna committente della pala (la possibile Gallerani) ha congruità con quello ritratto nella Dama con l'ermellino: il tratto della figura, le mani nervose, nonché l'allacciatura delle maniche della veste spagnoleggiante che è analoga a quelle della Belle Ferroniere di Leonardo.
«Non c'è stato alcun ritrovamento: l'opera è da sempre conosciuta qui», affermano Ottolini e la moglie, Giuliana Bini, ex locale assessore alla Cultura. «A noi è sembrato giusto sottoporre il caso all'attenzione critica nel momento in cui fervono i lavori per il recupero di Villa Medici del Vascello, che fu dimora della Gallerani. E nel cui giardino, documenti ottocenteschi attestano la presenza di un frammento scultoreo realizzato da Cristofero Solari, l'artista che realizzò anche la tomba (mai utilizzata ndr) di Ludovico il Moro e Beatrice D'Este».
Quanto all'autore della pala, sono state avanzate un paio di ipotesi. Quando venne esposta in una mostra sui Campi nel 1985 a Cremona, la tavola venne attribuita a Galeazzo Campi. E datata intorno al primo decennio del Cinquecento, «anni in cui Cecilia già risiedeva qui in estate», ricorda la Bini. Dal 1515, invece, la Gallerani non si mosse più da San Giovanni in Croce. Dopo quella mostra, l'esperto Marco Tanzi ha invece attribuito la pala a Tommaso Aleni detto il Fadino, pittore cremonese attivo fra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Il quale collaborò con il Campi nel trittico della chiesa di Santa Maria Maddalena a Cremona. La sua esistenza fu attestata per la prima volta nella Cremona Fedelissima di Antonio Campi del 1585.
Il mistero di madona Cicilia «che a'suoi begli ochi el sol par umbra oscura» (come scrisse in un sonetto il Bellincioni) continua.